Mercoledì, 15 Novembre 2023

Tecnologia in prima linea. La danza mortale dei droni mentre il conflitto Israelo-Palestinese sta evolvendo l'IT

Il terreno tumultuoso del conflitto Israelo-Palestinese ha segnato l’ora x dell'adattabilità e della resilienza del settore tecnologico israeliano. Un'industria che ha affrontato sfide complesse nel corso degli anni, dalla pandemia Covid-19 ai ciclici scontri nella regione, questa volta sta riportando conseguenze senza precedenti, con la registrazione di una rapida evoluzione sullo scenario tecnologico a livello mondiale.
Il ruolo di leadership giocato da Israele fino ad adesso, grazie ai forti investimenti in ricerca e sviluppo, l’elevata istruzione e la radicata cultura dell’innovazione che incoraggia imprenditorialità e creatività, risente oggi di molteplici criticità conseguenti al conflitto, che stanno inevitabilmente influenzando l’attuale panorama mondiale tecnologico. Mentre d’altra parte l’utilizzo bellico di nuove tecnologie quali Droni e Intelligenza Artificiale, già viste negli anni passati, e sulle quali entrambe le fazioni hanno pesantemente investito in un’ottica belligerante, aprono scenari a nuove tipologie di scontro che si legano a doppio filo con il mercato dell’IT.

Il crollo israeliano: come cambia il panorama IT

Le conseguenze della guerra che continua a insanguinare Israele e Palestina si riverberano in modo impetuoso e unico rispetto al settore tecnologico, un pilastro fondamentale dell'economia israeliana.
Le recenti e letali incursioni delle fazioni hanno fortemente scosso la quotidianità di entrambi i paesi, con la violenza e la disperazione intrinseca di un devastante scenario di guerra. Dopo i recenti attacchi di Hamas le scuole sono state chiuse, le affollate strade di Tel Aviv, cuore pulsante degli affari, sono deserte e molte imprese si sono fermate. Alcune per ragioni di sicurezza, molte altre semplicemente perché i loro dipendenti sono stati chiamati al servizio militare.
"Questo è diverso da tutto ciò che abbiamo affrontato prima", ha dichiarato Avi Hasson, CEO di Start Up Nation Central (SNC), un'organizzazione no-profit che promuove globalmente l'industria tecnologica israeliana. Il settore infatti rappresenta la fetta più consistente dell'economia israeliana e, prima dell'esplosione del conflitto, il sentiment era già stato colpito negativamente con una tendenza globale a frenare le raccolte fondi per le startup. Ma l'impatto più forte e immediato della guerra sulle aziende tecnologiche viene direttamente dalla mancanza di forza lavoro: Israele ha richiamato oltre 300.000 riservisti militari per combattere, la maggior parte di loro lavorava e studiava in Israele e, secondo le stime di SNC, circa il 10% dei dipendenti del settore tecnologico in Israele è stato coinvolto, con cifre che salgono fino al 30% in alcune aziende.
Aziende quotate al Nasdaq, come Monday.com, con sede a Tel Aviv e specializzata nello sviluppo di software di project management, hanno dichiarato che circa il 6% della loro forza lavoro in tutto il mondo è stato richiamato.
Enormi disagi per il settore, che subisce inoltre la cancellazione di almeno tre conferenze tecnologiche di alto profilo previste in queste ultime settimane, tra cui un summit sull'intelligenza artificiale ospitato dal produttore di chip Nvidia, dove il CEO Jensen Huang avrebbe tenuto un discorso di persona.
Dirigenti tecnologici intervistati da CNN ritengono che la raccolta di fondi e le trattative commerciali potrebbero risentire della situazione, dato l'arresto repentino delle visite al Paese in attesa di osservare le evoluzioni del conflitto. Un problema non da poco considerando l’economia basata sulle startup non redditizie e dipendente da investimenti continui. "Le prossime settimane saranno difficili, specialmente per noi che stiamo cercando di raccogliere fondi", ha dichiarato Jon Medved, CEO di OurCrowd, piattaforma globale di investimenti in venture capital con sede in Israele.
Sebbene il finanziamento delle startup israeliane da parte del venture capital sia diminuito negli ultimi due anni, in linea con le tendenze globali, il paese rimane una delle principali destinazioni per gli investimenti tecnologici. Nel 2021, le startup israeliane hanno raccolto un record di $27 miliardi di investimenti in venture capital, più che nella totalità dei tre anni precedenti.
Eppure, anche in questa situazione critica gli investimenti continuano ad entrare. Una "Dichiarazione di supporto" per le startup, gli imprenditori e gli investitori israeliani ha raccolto firme da oltre 500 fondi di venture capital di tutto il mondo: un’azione che sembra voler sostenere il mercato ma che finisce inevitabilmente per unire gli sforzi anche a livello bellico.
In un'ottica di "tutti in campo", aziende tecnologiche di grande calibro a livello mondiale, come Microsoft e Google, stanno offrendo il loro contributo, fornendo servizi digitali ai soccorritori e, in una certa ottica, scegliendo deliberatamente di schierarsi.

Guerra e tecnologia: la danza mortale dei droni

Lo scenario IT mondiale non sta evolvendo solo a livello economico, a conoscere trasformazioni profonde è lo stesso conflitto, che attraverso l’uso di tecnologie ad hoc, sta potenziando nuove strategie e scrivendo nuove regole. Il teatro di guerra tra Israele e Palestina si è trasformato in un palcoscenico di innovazione bellica, dove le tecnologie informatiche giocano un ruolo centrale. Nel contesto, sono i droni e il supporto dell’intelligenza artificiale a emergere come protagonisti, scolpendo una nuova narrativa nel conflitto.
La danza mortale dei droni da combattimento ha segnato una svolta significativa nella guerra asimmetrica. Il 7 Ottobre 2023, dozzine di droni manovrati da Hamas, economici ma letali, hanno paralizzato le comunicazioni dell'esercito israeliano, gettando il Paese nella prima fase di un attacco terroristico complesso e dalle dinamiche inedite. Attraverso i social media, Hamas ha condiviso immagini agghiaccianti di droni che colpivano torri di comunicazione e postazioni di vedetta, con un'imprevedibilità e un'efficacia tale da cogliere di sorpresa le forze di difesa israeliane, solitamente orgogliose della loro prontezza bellica e preparazione tecnologica. Così i media hanno giustificato la riuscita dell’attacco.
L'ascesa dei droni da combattimento rappresenta il più recente capitolo della guerra asimmetrica. Inizialmente appannaggio delle nazioni più ricche, i droni sono ora prodotti in serie a basso costo, adattati per diventare armi letali che, seppur sostenuti da una tecnologia molto semplice, si rendono fulcro di operazioni strategiche estremamente complesse.
L’utilizzo ingegnoso dei droni da parte di Hamas prende ispirazione dalle tattiche già messe in campo durante la guerra in Ucraina, dove l'uso massiccio di droni ha ridefinito il concetto di guerra moderna. L'efficacia degli attacchi del 7 Ottobre dimostra come la semplicità possa risultare disarmante, soprattutto in un contesto dove la tecnologia è accessibile a tutti e i droni diventano armi nelle mani di coloro che cercano di bilanciare la potenza militare.

L’Intelligenza Artificiale sul campo di battaglia: tra ombre e omissioni

A emergere come tecnologia bellica, vi è anche l’Intelligenza Artificiale , oggi core trend di molteplici settori e, purtroppo, diventato a tutti gli effetti anche strumento cruciale per le forze militari israeliane.
Nella prima settimana dell'assalto, l'aviazione israeliana ha annunciato di aver sganciato 6.000 bombe su Gaza e di aver incorporato l’AI nelle operazioni militari. La Israel Defense Forces (IDF) ha annunciato di utilizzare l'AI per selezionare bersagli e organizzare la logistica bellica. In particolare, parliamo di un sistema per selezionare bersagli nei bombardamenti aerei e un secondo sistema chiamato Fire Factory per organizzare rapidamente raid successivi.
Nonostante le richieste di chiarimenti, l'IDF non ha voluto discutere pubblicamente del suo utilizzo militare dell'AI, limitandosi a poche dichiarazioni e proclamando la tecnologia parte integrante della “prima guerra di intelligenza artificiale", avviata contro Hamas già nel 2021.
Sorprende dunque, che in progresso tecnologico di questa matrice siano stati comunque colpiti bersagli come ospedali.
Tuttavia, ci sono crescenti preoccupazioni etiche e legali riguardo all'uso di tali strumenti: gli studiosi israeliani di diritto internazionale sollevano dubbi sulla loro legalità, sottolineando i rischi di armi sempre più autonome e i problemi derivanti dalla mancanza di trasparenza. Mentre l'IDF afferma che ogni bersaglio è revisionato da un operatore umano, l'opacità delle decisioni dei sistemi AI solleva questioni sulla responsabilità in caso di danni collaterali. Gli algoritmi possono essere intrisi di pregiudizi e gli errori possono essere difficili da individuare, rendendo complesso valutare e correggere i malfunzionamenti dell’Intelligenza Artificiale in tempi utili.
Affidarsi eccessivamente all’AI, inoltre, potrebbe aver creato una falsa fiducia e la possibilità di cadere in passi falsi, come dimostrerebbe l'incapacità israeliana di rilevare la pianificazione dell'attacco del 7 Ottobre, nonostante un sofisticato sistema di sorveglianza.
Insomma, l'uso dell'AI in contesti militari rappresenta oggi una sfida etica e pratica. Con l’esigenza di maggiori chiarimenti, per il momento il suo utilizzo in chiave belligerante sembra solo agli inizi, lasciando trapelare scenari preoccupanti: è chiaro infatti come il futuro delle strategie militari sarà scritto in codice binario e dall'incessante ronzio dei droni nel cielo del Medio Oriente. La storia dei conflitti sta prendendo una svolta, e la tecnologia è la penna che la sta scrivendo.

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