Giovedì, 20 Febbraio 2025

DeepSeek: il cavallo di Troia dell’AI cinese che spaventa l’Occidente

Un’innovazione economica e sorprendentemente potente ha scosso il panorama dell’intelligenza artificiale: DeepSeek R1, il modello sviluppato in Cina, capace di imporsi con una rapidità impressionante. Lanciato pubblicamente il 20 Gennaio 2025, ha totalizzato oltre 3 milioni di download in pochi giorni, scalando le classifiche di popolarità negli store digitali di diverse nazioni. Ma dietro il suo successo si cela una realtà ben più complessa, fatta di sospetti, restrizioni e tensioni geopolitiche.

DeepSeek si distingue per un fattore chiave: un costo di sviluppo estremamente ridotto. Con un budget inferiore ai 6 milioni di dollari, ha raggiunto prestazioni paragonabili ai colossi occidentali come OpenAI e Google DeepMind. Ma una simile efficienza lascia spazio a un interrogativo scomodo: quanto ha influito l’accesso privilegiato a enormi dataset e risorse statali? La Cina, pur colpita dalle restrizioni statunitensi sulle esportazioni di semiconduttori avanzati, sembra aver trovato un modo per aggirare il problema. DeepSeek richiede meno potenza di calcolo ed energia rispetto ai modelli occidentali, dimostrando che l’innovazione non è solo una questione di hardware, ma anche di strategia.

L'azienda dietro questo progetto rivoluzionario ha origini inaspettate. DeepSeek è nata come ramo di ricerca sul deep learning di High-Flyer, uno degli hedge fund quantitativi più importanti della Cina. Fondato nel 2015, High-Flyer ha rapidamente accumulato risorse significative, investendo in GPU e costruendo supercomputer per l'analisi dei dati finanziari. Nel 2023, il fondatore Liang Wenfeng ha deciso di canalizzare queste risorse in una nuova società, DeepSeek, con l'obiettivo ambizioso di sviluppare modelli di intelligenza artificiale all'avanguardia. Liang, con un background in informatica, ha dichiarato che questa decisione è stata guidata dalla curiosità scientifica piuttosto che da motivazioni di profitto.

Il successo di DeepSeek ha anche sollevato forti preoccupazioni sulla sicurezza dei dati, vista la tendenza dell’AI a travisare notizie di cronaca e amplificare determinati – e non casuali – ideali. Il Garante della Privacy italiano è stato tra i primi a intervenire, bloccando l’app dagli store di Apple e Android in attesa di chiarimenti sulla gestione delle informazioni sensibili. Ma questo non è stato un episodio isolato: sia a livello geopolitico che sui mercati finanziari, DeepSeek ha portato fermento e disappunto, innescando un crollo dei colossi americani come Nvidia, Google e Microsoft, e costringendo l’Occidente tutto a interrogarsi sulla sostenibilità della propria supremazia tecnologica.

Blocchi, sospetti e restrizioni: il caso DeepSeek scuote il mondo dell’AI

DeepSeek R1 è uno dei più avanzati LLM – Large Language Model - sviluppati in Cina, un chiaro tentativo di Pechino di competere con i modelli occidentali come GPT-4 e Claude. La sua architettura all'avanguardia e il suo addestramento su enormi dataset cinesi lo rendono un attore di primo piano nel panorama dell'AI globale. Tuttavia, la sua diffusione in Occidente si scontra con restrizioni crescenti.

Negli ultimi mesi, diversi governi hanno imposto limitazioni all'accesso a DeepSeek, sollevando questioni sulla libertà di innovazione e sulla protezione dei dati. In Italia, il Garante per la protezione dei dati personali ha bloccato il modello citando preoccupazioni sulla trasparenza del trattamento dei dati degli utenti e possibili violazioni della normativa GDPR. La Francia e la Germania stanno considerando misure simili, con l'Unione Europea che valuta un quadro regolatorio più stringente per l’uso di LLM provenienti da paesi extra-UE.

Negli Stati Uniti, la situazione è ancora più critica: il governo americano ha già imposto restrizioni alle aziende cinesi nel settore dei semiconduttori e dell'intelligenza artificiale, e DeepSeek è stato inserito in un elenco di modelli sotto osservazione per possibili rischi di sicurezza nazionale. Regno Unito, Canada e Australia hanno espresso preoccupazioni simili, inquadrando la questione non solo in termini di protezione dei dati, ma anche come parte della più ampia strategia di contenimento tecnologico della Cina.

In Giappone e Corea del Sud, invece, il dibattito è più sfumato: se da un lato si teme la dipendenza da tecnologie AI occidentali o cinesi, dall’altro vi è l’intenzione di sviluppare modelli locali per ridurre la vulnerabilità geopolitica. Sia la Corea del Sud che il Giappone hanno deciso di bloccare in parte l'accesso a DeepSeek: se da un lato la Corea ha bloccato il download del modello, il Giappone ne ha vietato l'uso all'interno dei ministeri e nelle agenzie governative.

La decisione di limitare l’accesso a modelli come DeepSeek alimenta il dibattito su quanto la geopolitica stia influenzando il settore dell'intelligenza artificiale, rischiando di frammentare l’ecosistema globale dell’innovazione. Il futuro dell’AI sembra sempre più segnato da blocchi e barriere, con il rischio di creare due ecosistemi paralleli: uno dominato dall’Occidente e uno dalla Cina.

Censura, manipolazione e propaganda: quanto possiamo fidarci di DeepSeek?

Se la censura di DeepSeek da parte di molti governi occidentali sembra drastica, è perché i rischi che questo chatbot comporta lo sono altrettanto. Non si tratta solo di una questione di privacy, anche se il recente audit dell’UE ha rivelato che DeepSeek raccoglie dati sensibili come i modelli di battitura, una violazione diretta del GDPR. Non si tratta nemmeno solo di sicurezza informatica, sebbene esperti abbiano dimostrato che il chatbot cinese sia 11 volte più vulnerabile agli abusi da parte di criminali informatici rispetto ai suoi competitor.

Il vero problema è il controllo della narrazione.

Un’indagine di NewsGuard ha rivelato che DeepSeek non solo censura attivamente argomenti sensibili per il governo cinese, ma amplifica anche la propaganda di Pechino su temi geopolitici chiave, da Taiwan alla guerra in Ucraina. Il chatbot non si limita a evitare certi argomenti: in alcuni casi introduce spontaneamente la posizione del governo cinese, anche quando non gli viene richiesto. Questo lo trasforma in un’arma per la manipolazione dell’informazione su scala globale, una minaccia che i governi occidentali non possono ignorare.

Certo, anche ChatGPT ha avuto i suoi problemi con la disinformazione e con la gestione dei dati personali: basti ricordare il blocco temporaneo imposto dal Garante della privacy in Italia nell’Aprile 2023. Ma c’è una differenza fondamentale: OpenAI ha risposto alle segnalazioni con trasparenza, introducendo modifiche per conformarsi alle normative europee e migliorando i suoi sistemi di verifica delle informazioni. Ha implementato misure per ridurre la diffusione di fake news e ha aperto il dialogo con istituzioni e ricercatori. DeepSeek, invece, sembra muoversi nella direzione opposta, con un livello di opacità che lascia pochi margini di fiducia. Le sue risposte su notizie di attualità hanno un tasso di errore dell’83%, e mancano policy chiare per contrastare la disinformazione, oltre a espliciti favoritismi verso le normative molto meno stringenti vigenti in Cina. Non sorprende, quindi, che governi e aziende abbiano imposto restrizioni: più che una normale AI, DeepSeek è percepito come un Cavallo di Troia digitale, capace di diffondere narrative allineate agli interessi di Pechino sotto le mentite spoglie di un assistente neutrale.

L’Intelligenza Artificiale sarà il nuovo campo di battaglia geopolitico?

Il lancio di DeepSeek ha scatenato una reazione globale che va ben oltre il settore tecnologico. In molti lo definiscono il "momento Sputnik" dell'Intelligenza Artificiale: un evento che ha colto di sorpresa il mondo occidentale e che potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici nei prossimi anni.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Il mercato ha registrato scossoni significativi: NVIDIA, colosso dei semiconduttori, ha subito un crollo storico del 17%, con una perdita di valore di quasi 600 miliardi di dollari in un solo giorno. L'intero comparto tecnologico statunitense ha vacillato, segno che gli investitori stanno riconsiderando le prospettive di leadership dell'Occidente nell'IA. Nel frattempo, Donald Trump ha annunciato massicci investimenti nel settore, mentre l'amministrazione Biden aveva già intensificato le restrizioni all'esportazione di chip avanzati.

Eppure, emergono dubbi sulla reale sostenibilità di DeepSeek. Essendo open-source, il modello potrebbe essere rapidamente studiato e replicato dai competitor occidentali. Inoltre, il sospetto che il suo sviluppo abbia beneficiato di chip statunitensi ottenuti illegalmente solleva interrogativi sulla capacità di Pechino di mantenere questa traiettoria nel lungo periodo. Anche Singapore, uno snodo chiave nelle catene di approvvigionamento, potrebbe finire sotto la lente di Washington.

Ci troviamo all'inizio di una nuova era di competizione globale, in cui l'Intelligenza Artificiale non è solo una tecnologia, ma una leva strategica di potere. Come nel dopoguerra, la sfida non si giocherà solo sull'innovazione, ma anche sulla capacità di attrarre talenti, strutturare ecosistemi resilienti e definire un modello di governance efficace. Quello che è certo è che DeepSeek non è solo un nuovo modello di intelligenza artificiale, ma un segnale di avvertimento.

La domanda chiave resta aperta: l'Occidente saprà rispondere con la stessa determinazione con cui affrontò la corsa allo spazio, o assisteremo a un riequilibrio irreversibile delle potenze tecnologiche?

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