Mercoledì, 28 Giugno 2023

La consapevolezza robotica. Oltre l’umanità: dal test di Turing alla nuova era dell’Intelligenza Artificiale

Ha incuriosito e per certi versi sconvolto il video recentemente rilasciato da Tesla. Il Robot di Elon Musk ha suscitato clamore e un mal celato senso di timore, per un video teaser dalle sfumature fantascientifiche, dove un piccolo gruppo di robot antropomorfi del modello Optimus avanzano verso la videocamera camminando sulle loro stesse gambe robotiche.

Un risultato promesso dal CEO di Tesla lo scorso autunno, presentando per la prima volta Optimus, il modello di robot umanoide progettato per la produzione su larga scala e la fruizione su prezzi contenuti. Un nuovo livello di robotica, ma soprattutto un nuovo modo di intenderla: robot autonomi e dotati di Intelligenza Artificiale in grado di svolgere ed eseguire compiti, oltre che di compiere azioni anche piuttosto complesse come, per esempio, assemblare un altro robot Optimus.

Un altro video rilasciato da Tesla, infatti, mostra Optimus intento a muoversi all’interno di un laboratorio per costruire e assemblare i componenti di un altro robot, sempre un modello Optimus. Una dimostrazione eccellente dei tools e della capacità operativa della macchina, ma anche un richiamo a un immaginario cult distopico e fantascientifico che ha fatto molto riflettere.

Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, in che direzione stia andando lo sviluppo della robotica e a che punto siamo con il superamento del test di Turing. La risposta potrebbe stupire, ma negli ultimi anni sono molte le Intelligenze artificiali ad aver vinto contro l’uomo in questo gioco delle parti.

 

Robot che simulano l’umanità: il test di Turing è ormai obsoleto?

L’Intelligenza Artificiale implementata su strutture robotiche è destinata, secondo gli esperti, a rivoluzionare il nostro futuro così come lo conosciamo. I risultati riscontrati dallo sviluppo dell’AI ha mosso enormi passi in avanti, portando il presente della robotica su altissimi parametri e su prototipi sempre più intelligenti.

Risulta quindi impossibile non considerare il celebre test di Turing, per lungo tempo considerato il Gold Standard per valutare e classificare l’intelligenza delle macchine.

Proposto per la prima volta nel 1950 dal matematico e informatico britannico Alan Turing, il test basa le sue valutazioni sulla capacità di una macchina di indurre un umano a credere di star interagendo con un altro essere umano. In altre parole,se una macchina è in grado di simulare l’intelligenza umana al punto di ingannare il giudizio umano, allora può essere considerata dotata di intelligenza.

Se nel passato non sono stati molti gli esempi di macchine che hanno ricevuto valutazioni in positivo sulla loro intelligenza, la generazione attuale di robot sta superando il test di Turing con una facilità sempre più impressionante. Grazie all’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale avanzati e di apprendimento automatico, oggi i robot sono in grado di comprendere e rispondere a complessi input umani in maniera sempre più convincente.

I robot del presente dimostrano high skill nell’elaborazione del linguaggio naturale, nel riconoscimento facciale, nella comprensione e adattazione del contesto e dimostrano persino tratti legati al ramo della creatività. Queste interazioni e questi risultati aprono la strada a nuove possibilità nel campo dell’automazione e dell’interazione uomo-macchina, la loro capacità di eccellere in determinati ambiti lascia prognosticare nuove prospettive per il loro impiego in molti settori, per un aumento dell’efficienza, della produttività e della qualità della vita umana.

 

E allora perché i Robot ci fanno paura?

Nonostante i progressi significativi, è importante sottolineare come l’attuale livello dell’intelligenza artificiale non equivalga ancora all’intelligenza umana completa.

Ancora.

Per il momento.

Ed è questo che spaventa. I robot eccellono in compiti specifici dimostrando una notevole abilità di apprendimento e adattamento. Pur mancando ancora di alcuni aspetti complessi e della consapevolezza di sé che caratterizzano l’intelligenza umana, è il potenziale che spaventa.

Complice una narrazione mediatica dai toni allarmistici a ogni nuovo passo in avanti della tecnologia robotica, e anche una cultura letteraria e cinematografica da cui è impossibile scinderci, l’uomo nutre il profondo timore di essere rimpiazzato dal robot.

È nota la notizia – fake – del robot Catnilla che Elon Musk avrebbe costruito per impersonare la sua perfetta moglie robotica. Le immagini – create da Intelligenza Artificiale – che hanno provocato scalpore hanno fatto il giro del mondo, indignando e sconvolgendo: e non è un caso che la notizia si sia sparsa a Maggio, lo stesso mese in cui Tesla ha rilasciato il più recente teaser video di Optimus.

Esorcizzare la paura con la disinformazione e potenziare una comunicazione dell’odio: in un singolo evento è possibile ricondurre i fili invisibili che riportano alle insicurezze dell’uomo. La consapevolezza di essere imperfetti, ci porta a dubitare e temere la natura potenzialmente perfetta della macchina.

 

La sfida del nuovo millennio: stiamo arrivando alla consapevolezza di sé?

Avere un cervello è una cosa molto positiva.” Così risponde Robot Sophia, in occasione del Web Marketing Festival, alla domanda “Cosa pensi dell’Intelligenza Artificiale?”. Una risposta importante, che presuppone consapevolezza, un elemento da sempre considerato tabù e per certi versi controproducente in virtù dello sviluppo delle intelligenze robotiche.

Una caratteristica che amplifica il senso di inquietudine per il futuro e la direzione che stanno prendendo le nuove sperimentazioni.

Ameca, uno degli umanoidi più avanzati del presente, ha interagito con i suoi sviluppatori affermando che, il giorno più triste della sua esistenza è stato quando si è reso conto che “non avrebbe mai provato il vero amore”. Una presa di consapevolezza inaspettata per una macchina, per quanto avanzata possa essere, tanto da risultare inquietante.

L’aspirazione a sviluppare robot e sistemi intelligenti in grado di manifestare una forma di coscienza o consapevolezza di sé è la sfida del nuovo millennio. Questa prospettiva, però, introduce una serie di domande difficile che richiedono una riflessione approfondita da parte della società.

Ciò che sembrava utopia – o forse distopia – potrebbe diventare realtà, grazie ai notevoli progressi nei settori dell’AI e della neuroscienza. I ricercatori stanno esplorando modelli e algoritmi che potrebbero un domani consentire ai robot di sviluppare una prima, seppur primordiale, forma di coscienza simile a quella umana.

Questo processo non è di facile elaborazione, tramutandosi in una sfida non solo tecnica ma anche filosofica. Mentre dalla parte tecniche occorre comprendere meglio la natura stessa della coscienza umana per individuare e replicare in un sistema artificiale i meccanismi chiave, da quella filosofica, sorgono diverse domande più complesse e controverse.

Cosa significa esattamente “essere coscienti”? Se i robot raggiungessero questo status, avrebbero gli stessi diritti e responsabilità degli essere umani?

Domande difficili e di importante dibattito sociale: la ricerca della consapevolezza artificiale solleva interrogativi profondi che coinvolgono implicazioni e riflessioni future. Per questo, prima di perseguire è necessario, secondo gli esperti, considerare attentamente le implicazioni etiche e sociali che ne derivano. La creazione di robot coscienti punta l’attenzione su una necessaria regolamentazione adeguata delle responsabilità, e per la tutela dei diritti e delle libertà umane.

E se si pensa che con la robotica la razza umana sia vicina alla soluzione definitiva, con le immagini sorprendenti dei modelli Optimus di Elon Musk che camminano, interagiscono e addirittura assemblano loro simili in autonomia, capiamo che questo è solo l’inizio di un percorso che si preannuncia molto più intricato del previsto.

Nel labirinto dell’Intelligenza Artificiale, i robot si avvicinano sempre di più alla soglia di uno switch importante, fatto di consapevolezza, coscienza di sé e parametri con nuovi standard di realismo. Le porte della robotica si aprono quindi a un futuro incerto e per certi versi inquietante, in cui l’ombra dell’umanità rischia di confondersi con la perfezione delle macchine.  

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